// La furia delle parole


Joan Fontcuberta ci parla de "la furia delle immagini"(qui un approfondimento), io vorrei invece parlarvi della "furia delle parole" e del danno che queste possono fare alle immagini che accompagnano.
Immagini e testi vanno quasi sempre a braccetto, anche quando sembra meno ovvio ed opportuno (è sufficiente un titolo, una data, un luogo... qualsiasi cosa per leggere meglio una immagine) ma in certi casi sono proprio legate a doppio filo. 


Il caso Benetton di qualche mese fa. Un testo che cambia, piega una immagine verso altri significati. Una foto acquistata regolarmente e trasformata in altro con l'aggiunta di parole.


Testi che spiegano immagini e immagini che avvalorano quanto detto nel testo: questo in genere è il meccanismo.
E' un meccanismo complesso, psicologico, molto intricato e decisamente alterabile. La fiducia che riponiamo nelle immagini, nonostante sappiamo possano essere finte o modificate, è totale e ci affidiamo al testo per meglio comprendere quel che stiamo vedendo. E' il meccanismo alla base delle notizie e false notizie, purtroppo, anche. L'immagine ci colpisce, come un pugno e andiamo a vedere di che si tratta.

E si parte dalle parole, invece? Possono le parole fare danni irreparabili ad una immagine? Un titolo nella mia home di FB attira la mia attenzione:





Sono parole forti, che rimandano a visioni erotiche degne di Basic Instinct, alla simbologia sessuale più classica e quanto altro possa venire in mente leggendo di qualcuna che posa SOLO CON UNA CAMICIA A GAMBE SPALANCATE CON FOTO! [firmato da una donna, tra l'altro]

Non ci vuole certo un genio per capire di che genere di foto si stia parlando, no?
e infatti proprio SI, invece.

La violenza delle parole, dicevo. Parole usate per colpire l'immaginario, per spingere a fare click. Nessun rispetto per la persona.
"E' una famosa, l'importante è che se ne parli". NO, non è proprio così. Forse all'interessata potrebbe tornare utile, il tam tam mediatico, ma se si amplia il raggio di azione della cosa, personalmente trovo catastrofico questo modi di pensare ed agire. Qui c'è un parallelismo pericoloso tra una situazione creata e una allusione molto forte.
Se qualsiasi posa, sguardo, situazione, vagamente seducente può diventare un titolo di questo tipo, c'è qualcosa che non va. Qualsiasi donna abbia posato in maniera simile può quindi essere additata in questo modo?
Sono parole che non aiutano la lettura dell'immagine: la deviano, la trasportano altrove.


E il fotografo? Ha colpa? Se guardiamo la foto, privata di quelle parole ci vediamo davvero questa sessualità così hard? NO. Sono le parole che piegano l'immagine in una certa direzione. Così come impotente fu l'autore della foto del barcone utilizzata da Benetton/Toscani per una pubblicità di moda "united colors of benetton". Parole che piegano una foto da cronaca a "pubblicità".


Una foto è solo una foto e può raccontarci la peggior delle bugie.
Ma è ancora più grave, qui, l'uso della parola prima ancora di mostrare la foto (che arriva solo cliccando dopo aver letto il titolo):
si chiede al lettore esplicitamente se vuol vedere la foto di tizia che spalanca le gambe sul divano: prima formi l'idea di quel che vedrà, e poi gliela mostri (e ci vedrà che quel che è stato annunciato in pompa magna, ovviamente!)


Si potrebbe dire che è anche una truffa perchè quel che si trova, poi,  oggettivamente è una normalissima foto, ben realizzata, posata, di una modella che sta recitando una parte (in un contesto fotografico organizzato) sensuale, e non volgare come a migliaia ne vediamo ogni giorno su cartelloni pubblicitaria, profili instagram etc. Ma tale sarebbe se non vi fosse stato, prima, il preludio, l'introduzione, l'innesco.

Si dice che la volgarità sta negli occhi di chi guarda, in questo caso, direi che è nelle mani di chi scrive.


ah, si, dimenticavo... qui trovate tutto

La violenza, quella non fisica, passa anche da queste cose, a mio modesto parere.







1 commento:

  1. Sicuramente le parole possono essere dei macigni, nel bene e nel male: qualsiasi immagine trasmette qualcosa, ma se le diamo un titolo, cambia tutto. Prendiamo la famosa immagine di Berengo in cui è proposta una bettura di spalle che guarda il mare. Trasmette pace e serenità. Diamole come titolo "sulľorlo del batatro" e cambia tutto

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