// Io, fotografo.

Quando si inizia a fotografare, ed è così per tutti, si è come travolti da una energia magica che vorrebbe farci imprigionare qualsiasi idea, qualsiasi immagine con la nostra macchina fotografica.


La cosa più eccitante della fotografia, a mio avviso, è proprio il fatto che questa energia cresce con noi. E' come fare un viaggio con una persona accanto e continuare a raccontarsi di tutto, mutando istante per istante la propria visione e concezione del mondo.


Janina è una ragazza che conosco da un pò di tempo cui ho scattato qualche ritratto
 pochi giorni fa. Il risultato mi è molto piaciuto, soprattutto per la naturalezza del soggetto.


Quando mi soffermo a guardare le mie prime foto, il lungo periodo dedicato a cercare consensi come "artista", per  poi finire ad osservare quello che faccio oggi, riesco sempre a lasciarmi scappare un sorriso. 

Perchè sono davvero cambiato, e anche la mia fotografia è cambiata moltissimo. In meglio, secondo me, pur sembrando molto più semplice e meno barocca che in precedenza.


Per esigenze lavorative, praticamente sempre, deve venir fuori l'animo "mercenario", ossia quello di chi segue i compiti assegnati secondo le direttive imposte dal cliente di turno. 

Quando però fotografo per il gusto di farlo, ho la piena consapevolezza che la mia visione della realtà si è modificata. Sono la semplicità ed il rigore a guidare il mio sguardo più che la voglia di stupire l'osservatore.


Questo tipo di approccio mi ha permesso di dedicarmi con maggior consapevolezza a tutti i generi di fotografia che prima avevo un pò evitato, ritenendomi inopportuno, e allo stesso è anche nella ritrattistica che mi sta dando maggiori stimoli.

Affidare l'immagine di una persona al tempo (tramite una fotografia) non è poi una operazione così scontata come si possa pensare.
Quando si fotografa utilizzando dei modelli o dei soggetti che eseguono i tuoi ordini alla lettera, è innegabile che siamo semplificati in diversi aspetti della sessione. C'è sicuramente un lato tecnico da non sottovalutare, ovviamente, ma se si ha il controllo della scena sia dal punto di vista della luce che della disposizione dei soggetti/oggetti ci si è già liberati di parecchi grattacapi, potendo dedicare tempo ed energie solo agli aspetti che ci interessano sotto il nostro controllo.
Quando invece c'è da fotografare qualcosa che trascenda l'aspetto estetico e vada a toccare sentimenti, emozioni, ricordi  la faccenda si fa ben diversa.


Ora, una domanda: Siamo davvero sicuri che fare un ritratto (non una fototessera) di una persona davanti ad un muro sia così semplice o banale? Intendo dire un vero ritratto... un qualcosa che parli di quella persona. E' davvero qualcosa che possono fare tutti, bene, allo stesso modo? In fondo che vi vuole?


Ma siamo davvero sicuri che senza avere l'aiuto di qualche elemento del fondale, la presenza di abiti scenografici, accessori all'ultimo grido saremo in grado di ottenere una immagine di impatto? Se non su elementi di impatto scenografico, su cosa devo lavorare?

Bhe, la risposta è talmente ovvia che a volte la si perde di vista. Il soggetto è il protagonista della fotografia. E' lui che deve parlare, catturare l'attenzione, raccontarsi, far emozionare etc. Imparare a fare questo, e non è facile per davvero, significherà saper andar oltre le apparenze, addentrarsi in quell'affascinante universo dell'animo umano e saperlo rendere visibile ad altri.
Semplice, spesso, significa difficile. Perchè nel semplice non ci sono appigli, non ci sono scusanti, non c'è distrazione.
Aggiungere è semplice, togliere non lo è. Rinunciare, estromettere, eliminare dettagli e il superfluo in generale significa saper arrivare diritti al sodo e poi, con la propria tecnica, renderlo visivamente accessibile a tutti.

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