// Equilibrio - Opeth


In questi mesi sono usciti una quantità impressionante di bei dischi – anche memorabili – ma ho temporeggiato un po' a parlarne e mi sono trovato travolto dal treno Opeth, appena transitato, che ruba tutta la scena. Mi riprometto di tornare a parlare meglio degli ultimi ascolti e di fare una specie di “best of the year” ora lasciatemi parlare dell’album più atteso di fine anno (per me).



E' finalmente uscito il nuovo CD degli Opeth



Seguo i ragazzi da Morningrise (Orchid lo presi successivamente), in piena età d’oro Melodic Svedish Death: al contrario di molti compaesani, gli Opeth si sono avventurati per sentieri tortuosi, coraggiosi, a tratti folli e incomprensibili; Blackwater Park ha creato il fenomeno su larga scala, Heritage ha mescolato tutto e fatto deviare la rotta verso lidi inizialmente incomprensibili.
Tuttavia, da bravo fan consapevole che è meglio sperimentare che riscaldare sempre la stessa minestra per far contenti gli irriducibili, mi sono sempre sforzato di comprendere gli sviluppi evolutivi di Mikael Åkerfeldt & Co sebbene spesso invano.
Se Sorceress mi aveva completamente spiazzato, In Caudea Veneum mi aveva decisamente convinto di più: mai avrei pensato che il nuovo album degli Opeth sarebbe però stato il mio disco più atteso di questo finale di anno (complice anche lo slittamento dell’uscita di oltre un mese che ha fatto salire l’hype alle stelle).

I primi singoli rilasciati avevano scatenato l’inferno questa estate, sottolineando un evidente come-back allo stile più classico della band. Era tornato il growl, erano tornate le chitarre… le certezze ormai consolidate di avere un gruppo diametralmente opposto a quello degli epici esordi si erano sgretolate.

Equilibrio.
Questa è la parola che per tutta la durata del nuovissimo The Last Will and Testament mi si è stampata in testa; perfetta armonia tra melodia e assalto, cantato pulito e growl… Mike ce l’ha fatta, ha trovato quello che cercava, ha portato la sua creatura su quel punto di perfezione che unisce passato e presente in una realtà nuova e multiforme.
Ho letto molte recensioni in questi giorni: si va dal capolavoro assoluto al buon disco. Non so ancora in che categoria posizionare questo ultimo disco degli Opeth, ma un gruppo che riesce a trovare un equilibrio perfetto dopo aver fatto scelte importanti e spesso incomprese merita la massima attenzione e supporto.
.

.

.

.

.

.

.


P.s. Mentivo. Per me è già il disco dell’anno.

Nessun commento:

Posta un commento

Si prega di lasciare commenti riguardanti gli argomenti pubblicati. Mi riservo la facoltà di eliminare messaggi indesiderati.