// Clarissa - ritorno alle origini

Non so se capiti anche ad altri, ma ogni tanto il “dover” essere un fotografo vorrebbe lasciare spazio alla spensieratezza lontana dei primi periodi con la fotocamera in mano. In questo periodo sento spesso il bisogno di fare un passo indietro, di tornare alle origini, quando il divertimento nel fotografare era tutto. 





Anni fa scrissi proprio su questo blog un post su come il detto “trasforma la tua passione in un lavoro e non lavorerai un giorno della tua vita!” fosse, a mio avviso, una boiata enorme. Il lavoro è lavoro e porta inevitabilmente con sé tutta una serie di conseguenze che non possono essere gestite con la sola passione; certo, lavorare in un ambito che si ama è sicuramente positivo e stimolante ma non si deve cadere nel tranello, perchè dimostrare che quel che si sta facendo è un lavoro e non un “gioco” diventa doppiamente impegnativo sotto qualsiasi punto di vista. 




Stress, aspettative, tempistiche e scadenze sono tutti, alla lunga, nemici della serenità e di quella leggerezza che anni fa mi faceva impugnare lo strumento fotografico per le mie prime esperienze, come momento di liberazione dalla routine quotidiana; ora che fotografare è invece la normalità, si rende necessario ritornare, almeno ogni tanto, a rivivere quel sano e spensierato divertimento.

Ed è su queste basi e considerazioni che è nata e si è svolta la sessione di cui vi racconterò oggi, dove, svestiti gli abiti del professionista, ho indossato la spensieratezza e semplicità del foto-amatore. Ma ci sarò riuscito del tutto? 





Non avevo mai incontrato Clarissa di persona. Avevo notato il suo profilo tra i miei followers su Instagram e mi aveva colpito la sua solarità; abbiamo avuto solo uno scambio di messaggi per organizzare questo pomeriggio senza scendere, volutamente, troppo nei dettagli. Avevo bisogno di mantenere un po' di distacco, di non pianificare tutto nel dettaglio come sempre, per poter gestire in maniera differente la sessione. Avevo deciso che avrei “conosciuto” meglio il mio soggetto sul campo e che mi sarei regolato di conseguenza, prendendo decisioni istintive e non programmate. Anche la location scelta è stata molto istintiva: ho proposto un punto logisticamente comodo per entrambi, di cui avevo una vaga conoscenza generale ma che avrei dovuto gestire sul momento.
Ricordavo che nel centro di Noceto (PR) c'era del “verde” nei pressi della Rocca e tanto sarebbe bastato come punto di partenza; sarebbe poi bastata la presenza di qualche struttura interessante (un muro, un portone, un pattern...) per avere il minimo di varietà necessario a completare il servizio.




Clarissa si è dimostrata esattamente ciò di cui avevo bisogno: bella, solare, raggiante ed entusiasta di condividere questo momento e sentirsi al centro delle mie attenzioni. Alla sua prima esperienza davanti alla fotocamera è stata il soggetto perfetto per passare questo produttivo pomeriggio in assoluta leggerezza.
Mi è bastato arrivare qualche minuto prima dell'appuntamento concordato, ed identificare un paio di “spot” interessanti per pianificare, in pochi minuti, dove avremmo scattato. 




Ho volutamente impostato e mantenuto tutto lo svolgimento al livello più semplice possibile, sfruttando solo gli elementi naturali e strutturali del posto per valorizzare al massimo la luce ambiente e la posa; anche il corredo era al minimo indispensabile con le sole focali 50 / 90 e 150 mm equivalenti.


Concludo, rispondendo alla domanda posta in apertura.
NO, non ci sono riuscito, ma ci sono andato molto, molto vicino. L'esperienza maturata in oltre 10 anni non si può cancellare (per fortuna!), ignorare o escludere a comando; è tuttavia possibile trovare un interessante punto di equilibrio tra le due facce del fotografo
E' stata un'esperienza “terapeutica” e molto stimolante che ripeterò sicuramente ancora in futuro. 


P.S. Ho approfittato di questa occasione per mettere in funzione la mia nuova OM System OM1 mark II che non avevo ancora acceso in quasi 10 giorni dall'arrivo :)



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