// Non è un mestiere per donne...

La fotografia professionale, a giudicare dal pensiero comune, resta a grandi linee una attività maschile, nell'immaginario collettivo o almeno in quello di certi uffici marketing. 



Annie Leibovitz sul set

E anche la stampa specializzata non fa molto per migliorare la situazione, continuando ad enfatizzare classifiche delle miglior "donne fotografo" come se concorressero in una gara a sè. Più di una volta mi è capitato di leggere di queste cose: esposizioni al solo "femminile", o articoli che trattavano la donna fotografo quasi come se fosse una rarità o, comunque, categoria a sè. 


In realtà di fotografe ne è pieno il mondo e, diciamocelo, a tanti maschietti piacerebbe scambiare il proprio posto con il loro, possedere la loro stessa visione e attenzione per alcuni particolari.

Basti pensare alla grande Annie Leibovitz, al top della classifica mondiale dei fotografi più ricercati e pagati, e grandi nomi passati e presenti quali Mary Ellen Mark , Ami Vitale, Ellen Von Unwerth, solo per citare i più altisonanti. Senza andar troppo lontani, anche in Italia abbiamo nomi importantissimi quali, Letizia Battaglia,  Tina Modotti, giusto per citare qualche nome monumentale, ma anche Marianna Santoni (esperta internazionale, fotografa docente e retoucher, già brand ambassador per alcuni importanti brand), Giovanna Griffo (docente e fotografa di livello internazionale) e tantissime altre che quotidianamente fanno della Fotografia il loro pane quotidiano e ne ridefiniscono i limiti, con e senza un apparecchio tra le mani.

L'ufficio della Nikon che si è occupato del lancio della D850, evidentemente aveva una visione molto più maschilista della faccenda e, di conseguenza, del loro oggetto e della fotografia moderna in generale (salvo non perdere mai occasione di mettere le loro entry level in mano a qualche dolce fanciulla sorridente e spensierata), creando uno "scivolone" comunicativo che non è passato inosservato al web e che fstoppers ha subito sottolineato e divulgato (giustamente).

32 bei faccioni di fotografi professionisti uomini e neanche una donna, sono i testimonial della nuova D850. Neanche una donna. Neanche ai tempi più bui delle "quote rosa" si sarebbe vista una cosa del genere, probabilmente, ma nell'anno 2017 la D850 è la macchina fotografica per il fotografo uomo che non deve chiedere mai (al massimo un prestito per poterla pagare). Qualcuno, scherzosamente (ma neanche tanto) ipotizzava quindi una seconda versione pink destinata al pubblico femminile...






Nikon a parte, è davvero assurdo, a mio avviso, che un media come la fotografia, assolutamente slegato dal tipo di utilizzatore, debba ancora essere associato a stereotipi del genere. 
E anche la promozione di Mostre, o collettivi "rosa" fa bene, allo stesso modo, alla scena. Non esistono mostre o collettivi fotografici che fanno del loro essere "solo maschili" il loro punto di forza, e quindi, parimenti, non dovrebbero esistere quelli "pink". 
Il fatto stesso che esistano, sottolinea ulteriormente l'esistenza, implicita, di  due categorie di fotografi, distinte in base al sesso. Come se una macchina fotografica rispondesse diversamente al click di un uomo piuttosto che di una donna.

Diversamente dallo sport o altri ambiti ove subentrano fattori fisici, muscolari, e di altra natura, nell'ambito fotografico non subentrano differenze  tra i due sessi, quindi la differenziazione è quantomeno poco plausibile, anzi. 
Laddove anzi contano forza di volontà, organizzazione, sensibilità, è semplicemente il risultato finale del racconto che deve contare. 

Anche perchè, onestamente, a chi interessa se una foto è stata fatta da un uomo o da una donna? Guardando una bella foto vi interessa sapere che faccia abbia il suo autore? Che sesso abbia?  Se una foto è realizzata da una donna diventa automaticamente "di più difficile realizzazione?".

Ho parlato di Nikon, ma sono tantissimi i brand che continuano ad associare la loro immagine professionale all'uomo-fotografo. La donna-fotografo è sempre utilizzata per le linee più trendy di prodotti, per le macchinette chic o per qualcosa che ha più a che fare con la leggerezza e la bellezza esteriore che con il mestiere di fotografo. E questo, lasciatemelo dire, è molto triste e ipocrita.





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