// Resilient di Marco Gualazzini

Fino a qualche anno ero profondamente deluso da quello che la mia città adottiva, nonostante l'enorme potenziale, proponesse in campo fotografico (mostre, eventi etc...). Le vicine Modena e Reggio Emilia andavano decisamente con un altro passo e questo mia ha fatto, in più di una occasione, polemizzare su alcune scelte fatte in passato.
Sono passati pochi anni da allora e Parma, lo devo ammettere, ha recuperato, se non superato, le due concorrenti emiliane e la mostra di Marco Gualazzini, che purtroppo si è conclusa oggi, ne è fulgido esempio.






Marco Gualazzini è ormai nome noto nell'ambiente della fotografia che conta, soprattutto dopo il recente riconoscimento ai World Press Photo (non ricordo se questa o la scorsa edizione e non mi va di controllare... google lo abbiamo tutti ormai).




Qualche mese fa, in occasione di una serata fotografica in cui ero ospite (presentando  S.P.238 a Chourmo Enolibreria), ebbi modo di scambiare velocemente due chiacchiere con Antonio Mascolo, ex direttore di Repubblica Parma, autorevole penna del giornalismo italiano nonchè bravissimo fotografo e incallito viaggiatore.
Resilient era appena stato pubblicato sottoforma di libro ed era stato esposto a Milano come "prima" assoluta. Antonio era andato a vedere l'esposizione e me ne parlò come di qualcosa di eccezionale " i colori" mi disse "i colori hanno qualcosa di speciale ... c'è terra in quelle fotografia, c'è un color terra che permea ogni singola stampa..." (le sue parole suonavano all'incirca così).



La curiosità che mi mise addosso, lo ammetto, fu moltissima. Se già apprezzavo il lavoro di Marco, dopo questa descrizione, non vedevo l'ora di vedere dal vivo il tutto il progetto.



Appena disponibile comprai immediatamente il libro che, però, devo ammettere è ancora incellofanato: volevo prima vedere le opere dal "vero" e poi studiarmele con più calma. Volevo quell'impatto che mi era stato riferito. Volevo vederlo "puro".
Come ogni buon padre di famiglia, purtroppo, tra mille impegni quotidiani e lavorativi, mi sono ridotto anche io all'ultimo giorno di mostra (ed è stata più di un mese eh!) ma, per fortuna, ce l'ho fatta.
Perchè non me lo sarei mai perdonato, altrimenti












Perchè a Palazzo Pigorini, a Parma, in pieno centro città, Resilient era ad ingresso gratuito. Nessun biglietto, nulla, niente di niente. Perdersela, abitando qui, poi era pura follia.
Quando vi lamentate che la cultura costa o che dovrebbe essere più accessibile, bhe, fate bene mente locale: le occasioni, importanti, ci sono.


Questa è una delle foto più famose di Marco Gualazzini. Si è aggiudicata diversi riconoscimenti e premi. Vederla dal vivo, stampata oltre 1 metro di lato toglie il fiato. Il paesaggio sembra pieno di ferite sanguinanti, come l'enorme preda trasportata sulle spalle. Tutti, combattono e resistono. Anche i muri delle città.



Il lavoro di Marco è eccezionale, lontano dalla spettacolarizzazione di certi argomenti, cui siamo abitutati,  e vicino, invece, al dolore e alla sofferenza reale di queste persone, di questi interi popoli, costretti a resistere alle più nere delle realtà. 


Un dettaglio di una foto più ampia. Una madre che nutre il figlio di una violenza.



Sono foto di lacrime e sangue, di speranza e sopravvivenza che l'occhio attento e sensibile di Marco coglie nella loro assordante silenziosità e ce le sbatte davanti agli occhi senza troppi giri di parole.




E' vero, lo ammetto, mi sono ritrovato nelle parole di Mascolo; sono foto che sanno di "terra", una terra color rosso che a tratti sembra intrisa di sangue: nelle mura, nelle case, nei cieli, nei visi, e in ogni dove lo sguardo spazi all'interno di queste storie.


Sangue. Si. Ecco, è più sangue che terra, quello che ho visto, che ho percepito.

Avevo un groppo in gola.
Mi sono sentito fortunato, per quello che ho, e che avuto dalla vita. 

Queste foto me lo hanno ricordato come qualcuno che a 5 cm dal viso ti urla una lampante verità. 

E avrebbero fatto bene a fare un bel giro (ed un esame di coscienza) anche i fanatici delle macchine fotografiche. Avrebbero capito che le storie non si raccontano con la nitidezza e con i pixel; che le emozioni come queste non sono nitide, non sono ferme: la mano del fotografo a volte trema, a volte vacilla. Non è mancanza di tecnica, ma presenza di cuore.


Chi non ci è andato, ha perso una occasione importante. Comprate il libro. Rimediate in parte.


Bravissimo Marco. Ho ancora la pelle d'oca.



[Le foto alle opere, a corredo dell'articolo, sono state fatte con il benestare degli addetti alla mostra e solo per uso divulgativo per questo articolo]

P.s. Peccato per lo spessore delle cornici usate che, unitamente all'illuminazione formava un fastidioso fascio d'ombra, in alto e di lato, su ogni stampa. 

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