// Hashtag che?

Usare i social network per condividere le proprie passioni è bello, e anche naturale direi. E non è certo una affermazione insensata dire che il successo di questi servizi è iniziato proprio per questo motivo, come il vecchio MySpace, inizialmente orientato solo ai musicisti, insegna.




L'evoluzione e la frenesia della condivisione di massa, sia di pensiero che di immagini, ha accelerato in maniera esponenziale questo tipo di approccio, cercando metodi sempre più efficaci e rapidi per allargare il giro di visibilità.





Non più quindi solo rendersi visibili ai propri contatti diretti, non più solo a chi viene a cercarci, ma a chiunque, anzi, al maggior numero possibile di contatti, senza una reale strategia, senza un reale interesse verso quanto produciamo.

E' un vortice senza fine, quello del cercare (inutili) apprezzamenti virtuali, che genera una serie di ripercussioni a catena senza esito positivo per nessuno, a parte creare solo una confusione tremenda in un mondo (virtuale) già prossimo al ridicolo.






I due social di riferimento per le immagini sono ormai Instagram e Facebook (teniamo anche a mente che il primo fa parte del secondo e difatti condividono alcune tecnologie), in particolare, il primo dei due.
Il fenomeno dei finti followers è stato già abbondantemente trattato e sbandierato, sebbene non accenni a diminuire. In pratica, pagando una somma variabile mensile, alcuni servizi procurano seguaci, finti o reali che siano, per "gonfiare" la propria visibilità. Che un famoso fotografo o modella abbiano meno followers della mia vicina di casa, è quantomai sospetto, non trovate?
In teoria, quindi, pubblicando una foto su un profilo da 100,000 contatti, si dovrebbe avere una visibilità esagerata, invece, commenti e riscontri, sono praticamente nulli (chissà come mai, eh?).




Ma parallelamente a questo sistema di crescita c'è quello di usare degli hashtag, ossia quelle paroline magiche, precedute dal cancelletto #parola. Queste parole fungono da link per raggiungere altri messaggi o immagini che contengono lo stesso hastag.
Faccio un esempio pratico: faccio una bella foto alla mia gatta, la pubblico e la accompagno nei commenti con termini tipo #cat #cats #catslover #friend etc etc. A questo punto, tutti quelli che nel social newtwork (Instagram per lo più) cercano o seguono uno (o tutti) di questi termini vedranno la mia immagine. Tutto molto bello, e utile, anche, SE si facesse un uso sensato di questa funzione.

Perchè, ovviamente, il desiderio di aumentare il pubblico delle proprie immagini è talmente elevato da iniziare a mettere parole chiave a caso, per entrare nel maggior numero di ricerche possibili. Ed ecco che ad immagini del proprio gatto si inizia a trovare una sfilza di hashtag completamente fuori luogo. La cosa è doppiamente fastidiosa perchè in primo luogo le ricerche specifiche diventano inutili, iniziandoci a trovare qualsiasi cosa fuori tema; in seconda battuta, devo ammettere, non è che si faccia propria una gran figura postando immagini con riferimenti a caso (o foto assolutamente penose con il tag #bestintheworld etc). Un pò di amor proprio, suvvia.

Ma vediamo un esempio, preso a caso dal web (notare anche la profondità dei commenti...)






Usare dei riferimenti, delle parole chiave, in maniera attenta, oculata e specifica fà si che, invece, il nostro messaggio raggiunga chi ci interessa, non chiunque. E c'è una bella differenza!
Saper individuare un giusto pubblico per quello che si propone è uno dei passaggi fondamentali per un fotografo e un artista. Il concetto di "non posso piacere a tutti" pare sempre più dimenticato in questa folle corsa verso l'apprezzamento generalizzato, e non si comprende che, invece, sta proprio nel costruirsi un proprio pubblico ben delineato ed interessato la chiave per fare qualcosa di interessante, per davvero, e non solo tanto fumo virtuale senza arrosto.

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